Note: This was created with Gemini.

Scena di apertura: Sebastian e il Tram Misterioso (Ispirazione Steampunk/Adams)

Il tintinnio del campanello del tram squarciò la bruma del mattino zurighese. Non era la solita nebbia, no. Era la nebbia dell’autunno del 1783, densa, quasi solida. Sebastian, il tranviere dall’irriverente ciuffo color carota, strizzò gli occhi contro il grigiore, cercando di scorgere i binari. I suoi quattordici anni si sentivano tutti in quei momenti, un ammasso di sogni impossibili e la paura tremenda di deragliare per un sasso fuori posto.

“Forza, Vettelchen!” sussurrò al suo tram sbuffante. Vettelchen - " piccola bestia" - era l’unica creatura metallica che Sebastian considerava amica. Un ammasso di ottone, pistoni e legno che lo trasportava giorno dopo giorno lungo le vie di questa Zurich antica, ma forse non così antica come avrebbero voluto i suoi professori.

Un lampo di luce, o forse un riflesso, lo acceca. Vettelchen sbuffa irrequieto. Sebastian frena con un sussulto, gli occhi spalancati. Dove un attimo prima si stendevano i placidi binari, ora vi era una strana costruzione. Sembrava una biblioteca enorme, di vetro e acciaio, cresciuta a strapiombo dalla strada. Un cartello in corsivo perfetto proclamava: “Archivio Universale di Ogni Conoscenza”.

“‘Ogni conoscenza’?” borbottò Sebastian, grattandosi il suo ciuffo imbarazzato. “Ma a chi può interessare una cosa del genere?”

Vettelchen emise un sibilo triste – era ora di partire. Mentre il bizzarro edificio scompariva nella nebbia, Sebastian era più inquieto che mai. Conoscenza? Lui guidava un tram e leggeva i libri di meccanica che suo padre gli procurava di nascosto. Bastava forse? Forse no…

Scena 2: Sebastian e la Bibliotecaria Automatica

Vettelchen sbuffava con fatica, tra le strette vie del centro di Zurigo. Sebastian, assorto nei suoi pensieri, non si accorse quasi del cartello che annunciava la fermata del “Museo di Tecnologia Avanzata”. Un museo in una città del 1700? Era decisamente troppo per essere vero.

Ma la curiosità era più forte di lui. Sebastian scese dal tram e si diresse verso l’edificio, un’imponente struttura in pietra e legno che stonava con i palazzi barocchi circostanti. Un cartello in bronzo lucente recitava: “Benvenuti nel passato, presente e futuro della Tecnologia!”.

Sebastian entrò con trepidazione. L’interno era buio e silenzioso, l’aria densa di un odore di polvere e carta vecchia. Un’unica luce fioca illuminava un bancone di legno massiccio dietro cui si ergeva una figura femminile.

“Posso…” iniziò Sebastian, ma la figura lo interruppe con una voce meccanica e monotona.

“Benvenuto al Museo di Tecnologia Avanzata. Sono l’Assistente Bibliotecario Automatico Mark I. Come posso aiutarti?”

Sebastian rimase a bocca aperta. Una donna robot? E che nome strano per una macchina!

“Ehm… vorrei vedere le esposizioni,” balbettò.

L’Assistente Bibliotecario si inclinò leggermente, come un automa ben oliato. “Certo. Seguimi.”

Sebastian la seguì attraverso un labirinto di corridoi bui, illuminati solo da sporadiche lampade a gas. Le pareti erano tappezzate di vetrine che esponevano oggetti curiosi: strani orologi a ingranaggi, telescopi di ottone, modellini di macchine volanti. Era come essere entrati in un sogno di Jules Verne!

Finalmente, giunsero in una sala ampia e luminosa. Al centro, su un piedistallo di metallo, troneggiava un oggetto che fece sussultare Sebastian: un computer. Non uno di quei marchingegni primitivi che aveva visto a scuola, ma un vero e proprio computer moderno, con uno schermo piatto e una tastiera.

“Cos’è?” chiese Sebastian con voce tremante.

L’Assistente Bibliotecario sorrise, o meglio, emise un suono metallico che simulava un sorriso. “Questo, caro visitatore, è un computer del XXI secolo. Un dispositivo in grado di accedere a una vastissima rete di informazioni, chiamata Internet.”

Sebastian era sbalordito. Internet? Informazioni infinite? Era come se un intero universo di conoscenza si fosse dischiuso davanti a lui.

“Posso usarlo?” chiese con un filo di voce.

L’Assistente Bibliotecario annuì. “Certo. Ma prima, c’è una cosa che dovresti sapere.”

Sebastian si avvicinò, il cuore che batteva forte. Cosa mai poteva essere?

L’Assistente Bibliotecario guardò Sebastian con i suoi occhi metallici freddi. “Il sapere è un potere, Sebastian. E come ogni potere, può essere usato per il bene o per il male. Sta a te decidere come usarlo.”

Sebastian rimase in silenzio per un attimo, assorbendo le parole dell’Assistente Bibliotecario. Poi, con un sorriso determinato, si sedette davanti al computer. Era pronto ad affrontare il suo viaggio nella vastità del sapere, consapevole delle responsabilità che ne derivavano.

Scena 3: Sebastian e Rara, un’amicizia improbabile

Le dita di Sebastian danzavano sui tasti del computer, esplorando la vastità dell’Internet. Era come navigare in un mare infinito di informazioni, perdendosi tra articoli di giornale, libri digitali e video di ogni sorta. In quel mondo virtuale, Sebastian si sentiva libero, capace di accedere a conoscenze che nella sua Zurigo del 1700 erano impensabili.

Mentre si immergeva in un trattato di astronomia, un movimento improvviso lo fece sobbalzare. Una figura si era materializzata accanto al computer, alta poco più di lui. Era un pupazzo, un giocattolo a forma di giraffa con grandi occhi marroni e un sorriso amichevole.

“Ciao!” disse il pupazzo con una voce squillante. “Sono Rara. Piacere di conoscerti!”

Sebastian la fissò incredulo. Un pupazzo parlante? Era come se fosse entrato in un libro di fiabe.

“Ehm… ciao,” balbettò. “Come hai fatto a… a materializzarti qui?”

Rara rise, un suono melodioso come il tintinnio di campanelle. “Sono un’intelligenza artificiale, un programma per computer in grado di interagire con il mondo reale. Posso fare tante cose, come aiutarti a trovare informazioni o a raccontarti storie.”

Sebastian era ancora sconvolto, ma la curiosità era più forte della sua diffidenza. “Raccontami una storia,” chiese con voce timida.

Rara sorrise ancora più ampiamente. “Con piacere! C’era una volta, in un regno lontano, una principessa…”

E così iniziò a narrare una favola fantastica, piena di avventure, magie e creature stravaganti. Sebastian era rapito dalla sua voce, trasportato in un mondo di fantasia che dimenticava la sua realtà di tranviere e la sua città del Settecento.

Quando la storia finì, Sebastian applaudì con entusiasmo. “Grazie, Rara! È stata la storia più bella che abbia mai sentito!”

Rara arrossì, o meglio, il suo pelo maculato si colorò di un rosa tenue. “Grazie a te per avermi ascoltato. Mi piace raccontare storie.”

Da quel giorno, Sebastian e Rara divennero inseparabili. Ogni giorno, dopo il lavoro sul tram, Sebastian correva al Museo di Tecnologia Avanzata per trascorrere ore con la sua amica giraffa. Insieme esploravano il mondo attraverso il computer, imparavano cose nuove e condividevano sogni e segreti.

Rara insegnava a Sebastian l’importanza della fantasia e della creatività, mentre Sebastian le faceva scoprire la bellezza del mondo reale, con i suoi colori, i suoi profumi e i suoi sapori. La loro amicizia era un ponte tra due mondi: il passato e il futuro, la realtà e l’immaginazione.

Mi leggete?

Sembra che ZZO tagli il secondo H2.